"La smania di cantare" di Lio Banchi recensito da Alessandro Tozzi

Come sono meravigliosamente pazzi questi del Fondo Boccardi, ho pensato quando ho avuto in mano l'ultima loro creazione, il libro "La smania d cantare", di Lio Banchi.
Lio, morto l'anno scorso, è stato "poeta d'occasione" estemporaneo e
stornellatore (termine più adatto ad un romano che a un massetano come lui, in verità), fondatore nel dopoguerra della scuola di Pianizzoli, uno di quei contadini che fisarmonica alla mano si metteva nelle feste a inventare versi, rimanendo però sempre se stesso (leggo, in una presentazione "Un onesto coltivatore diretto accetta il vostro verdetto", che dà l'idea in una riga di chi sia il personaggio), con quella "smania di cantare" che il titolo del libro ha mirabilmente interpretato.
Certo, in questa Italia del 2004 forse alcune rime del Banchi sembreranno superate, troppo semplici, non cariche di troppi significati ulteriori, come oramai sono le poesie di questi anni, nelle quali una parola scritta vuol dire tutt'altro, e allora la poesia te la devi un po' inventare tu a seconda del tuo stato d'animo. Qui no, il Banchi dice pane al pane e vino al vino, seguendo il filo dei suoi pensieri come vengono, sull'onda della rima e dell' improvvisazione, grande arte oggi dimenticata, non solamente nella poesia, ma in quasi tutti i campi dell'esperienza umana, se non quella troppo terra terra del comune arrangiarsi quando occorre.
Questo libro del Banchi, come è scritto nell'ultima riga della presentazione, come anche tutti gli altri libri editi finora dal Fondo, e
cioè i racconti di Eros Penni, quelli di Daniele Boccardi e le storie di
Potassa, nasce "dall'idea di non dimenticare, prima ancora che ricordare", ed è ancora un'operazione riuscita, sempre sul filo di quella memoria grossetana (anzi, più spesso massetana) dalla quale ripartire per andare a capire questi tempi strani nei quali ci è stato dato in sorte di vivere.
Proprio agli "eroi" del fondo Boccardi, un po' novelli Cristoforo Colombo alla scoperta di nuovi (o vecchi, fa lo stesso) territori, un po' naufraghi
che vogliano lasciare messaggi dentro ad una bottiglia che qualcuno un giorno raccolga, vanno una volta di più tutti i complimenti del caso, per questo loro andare avanti guardando indietro spinti solo dalla passione, in un mondo dove di passione ce n'è sempre meno, e spesso non usata con raziocinio.
A loro Lio Banchi, che era stato ospite della Osteria nel 2003, grato di
vedere finalmente su carta le sue poesie (anche se abbiamo un po' di
nostalgia anche per quella carta giallognola dalla quale sono state
ripescate), avrebbe ironicamente dedicato oggi questa sua rima, scritta nel 1998: "Ma voi dite bene un libro scrivi, tutti mi fate il solito discorso, ma come vuoi puoi toccar dove 'un arrivi, tu presti un bacio e lo ricevi un morso, ma che ti ammazza son gli omini vivi, perché non hanno al cuor alcun rimorso, voi siete saggi datemi un consiglio, io tre milioni quando le ripiglio".
Per non dimenticare, prima ancora che ricordare.

Alessandro Tozzi