17 aprile 2004 - Osteria Pian di Mucini.
Il Fondo Boccardi con Bruno Travaglini ed il suo libro "Un
luogo un tempo"
Stasera abbiamo il privilegio di presentare
oltre che un libro bellissimo, lieve nel suo drammatico ricordo
con gli occhi di un bambino di una tragedia che travolgerà
anche la sua famiglia, un testimone diretto dell'epoca, dei
fatti narrati da "Un luogo un tempo"; quella
del villaggio della Niccioleta e dei suoi 83 minatori fucilati
dai nazifascisti nel giugno 1944. Qui,a pochi metri da questa
vecchia osteria, questi luoghi ancora portano i segni di un
dramma che 60 anni fa cambiò in modo indelebile la
vita di una intera comunità. Adesso la miniera è
chiusa, ma la pianta della Niccioleta è rimasta essenzialmente
immutata, i palazzoni degli operai separati dalle villette
degli impiegati e del direttore dalla piazza con l'ex dopolavoro,
la statua della Madonna all'incrocio delle strade,una targa
nel muro del palazzo dove caddero i primi sei fucilati.Stanno
arrugginendo pozzi e torri, franano le vecchie gallerie, molti
se ne sono andati, ma molti, come la famiglia dell'autore,
partirono anche allora per fare ritorno alle zone di origine.
Lo scorrere del tempo il disperdersi dei testimoni rischiano
di far cader nell'oblio, o peggio, nelle spire dell'odierno
martellante revisionismo storico dei nipoti e figli dei fascisti
di allora, oggi riciclati al governo, un pezzo della nostra
storia fatto di sangue e sacrificio di chi già sputava
sangue e sacrificio giornalmente nelle viscere della terra.
E' anche per impedire questo che il libro di Bruno Travaglini,
insieme a quello di Katia Taddei tanto per citarne un'altro,è
stato scritto. Per non dimenticare, per non cancellare la
memoria , per non precluderci il futuro.
Lo diciamo senza retorica, ma a voce alta, contro chi vorrebbe
con italica rassegnazione far finta che niente di grave è
accaduto o che i torti e le ragioni non fossero ben delineati.
Lo diciamo felici e commossi dal fatto che Bruno, il ragazzino
narrante della vita del nostro villaggio prima dell'arrivo
della guerra, stasera sia qui, sia ritornato; lo diciamo convinti
che questo libro, come già sta accadendo, meriti di
essere adottato dalle scuole, di essere letto e commentato,
tramandato, perchè non si possa impunemente riscrivere
la storia per calcoli meschini e irresponsabili.
Vorrei concludere questo saluto del fondo Boccardi con le
parole di un grande vecchio del giornalismo italiano, Giorgio
Bocca,che molto recentemente ha visto ristampato da Feltrinelli
il suo libro "Partigiani della montagna".
Nell'odierna prefazione Bocca con forza, quasi a futura memoria,
scrive:
"Secondo alcuni revisionisti come il senatore Pera,
seconda carica dello stato, l'antifascismo è da archiviare
tra i robivecchi e la resistenza un mito inventato dai comunisti.
45000 partigiani caduti, uno dei più forti movimenti
di resistenza d'Europa, gli operai e i contadini partecipi
per la prima volta di una guerra popolare senza cartolina
precetto, la sofferta gestazione di un'Italia diversa; ed
ecco che 60 anni dopo dei professorini o dei diffamatori ci
avvertono che era tutta una invenzione, una favola, un mito.
Ma quel mito non se lo sono inventati dei comunisti esperti
in propaganda politica, quel mito è nato dai fatti
di cui
parlano le lapidi e i monumenti in tutte le città italiane.Eppure
Berlusconi può permettersi di parlare di un Mussolini
che mandava in vacanza gli antifascisti nelle isole. L'uso
dei morti per dimostrare che le idee per cui morirono gli
uni equivalgono a quelle per cui morirono gli altri è
inaccettabile. La pietà dei morti è antica,
ma non è dei morti che si giudica, ma di quando erano
vivi e stavano a fianco degli sterminatori nazisti. La distinzione
tra l'antifascismo e la democrazia è una falsa distinzione.
Assistiamo ad un revisionismo reazionario che apre la strada
alla democrazia autoritaria, da noi e nel resto del mondo.Uno
di quei cicli storici che dimostrano che anche la libertà
ha le sue stagioni. Non a caso nel presente il globalismo
economico altro non è che un ritorno al colonialismo
con cui l'antifascismo dello stato sociale, delle riforme
democratiche non ha nulla da spartire. C'è stata una
mutazione capitalista, una rivoluzione tecnologica di effetto
obbligato; ricchi sempre più ricchi,
poveri sempre più poveri ed emarginati. E' questa la
ragione di fondo per cui la resistenza, l'antifascismo appaiono
sempre più sgraditi, sempre più fastidosi per
il nuovo potere. Padroni arroganti ed impazienti non accettano
più una legge uguale per tutti, la legge se la fabbricano
ad personam con i loro parlamenti di yes men. In questo stato
del potere è riapparso il ventre molle del paese, l'eterno
qualunquismo che la resistenza credeva di aver ripulito. Alla
luce di queste mutazioni,di questi accadimenti, la pubblicazione
di questo piccolo libro di 60 anni fa ha una ragione molto
semplice; ricordare come sono andate le cose nel periodo più
nero e umiliante della nostra storia, ricordare quella forte
pagina di solidarietà e di civile dignità che
oggi appaiono quasi impossibili".
Stefano Pacini, per il Fondo Boccardi
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