Da "il manifesto", 7 luglio
2005
Argentina
L'UOMO CHE ROVINÒ I PIANI ALLA
CIA
La vita rocambolesca
e disperata di Rodolfo Jorge Walsh, giornalista e scrittore
il cui corpo fu fatto sparire (insieme a tutti i suoi libri
in circolazione) dai militari nel 1977
Lo volevano prendere vivo per farlo torturare con tutto comodo
dal «tigre», il capitano Astiz: ma lui fu capace
di giocar loro la beffa finale. Al momento dell'irruzione
in casa sua tirò fuori di tasca la sua Walther Ppk
calibro 22, uccise uno dei militari della Esma e si tolse
la vita appena in tempo
ALBERTO PRUNETTI
Il fumo si alza lento e
bianco dalle pagine di quei libri ancora imballati. Ne arrivano
a camion interi, e li scaricano a terra prima di ricoprirli
di benzina. Sono i fondi delle case editrici che dopo il torchio
della tipografia conoscono il fuoco della censura della dittatura
militare. La cellulosa diventa cenere in un campo della periferia
di Buenos Aires, ma prima di essere divorata dalle fiamme
la copertina di un libro riesce per un attimo a farsi beffa
degli inquisitori: la carta da pacchi si consuma e lascia
intravedere un disegno ispirato alla fucilazione dei patrioti
spagnoli di Goya. Sopra il disegno della fucilazione, un titolo
pesante quanto un ultimo insulto ai repressori: Operazione
massacro. L'autore di quel libro si chiama Rodolfo Walsh,
e i militari argentini hanno bruciato i suoi libri nel 1978,
un anno dopo aver bruciato il suo cadavere.
Il codice segreto della Cia
La «tigre» Astiz lo voleva vivo
per interrogarlo sul tavolo della tortura, ma lui sapeva come
rovinare i piani dei militari. Lo aveva già fatto una
volta con gli americani, quando a Cuba all'inizio degli anni
`60 trovò un rotolo cifrato stampato da una telescrivente
dell'agenzia Prensa Latina. I nordamericani progettavano l'invasione
dell'isola utilizzando una base segreta guatemalteca e lui
riuscì a decifrare il piano in codice della Cia con
un semplice manuale di crittografia comprato in una libreria
dell'Avana. Il piano della Cia naufragò per colpa di
questo argentino, che Gabriel Garcia Marquez ricorda come
«lo scrittore che arriva prima della Cia». L'autore
di Cent'anni di solitudine racconta che Walsh avrebbe
anche pensato per un attimo di travestirsi da prete e utilizzare
il suo ottimo inglese - privilegio degli anni d'infanzia trascorsi
in un collegio religioso irlandese - per penetrare nella base
segreta guatematelca.
C'è un fucilato che vive
Già una volta aveva rotto i piani
dei militari. Nel giugno 1956 lui è un oscuro traduttore
di racconti gialli che a volte pubblica qualche articolo sui
giornali argentini. Una sera se ne va in un bar, ammazza il
caldo con una birra Quilmes ghiacciata e gioca a scacchi.
È una notte afosa, in cui sembra che niente possa accadere.
Ma proprio quella notte un gruppo di peronisti ha provato
a sollevarsi e la repressione di stato si fa strada fino ad
una discarica della provincia di Buenos Aires, dove si procede
alla fucilazione di un gruppo di persone, accusate di essere
responsabili dei disordini. Nessuno doveva saperne niente,
ma qualche tempo dopo un tizio rivela questo episodio proprio
a Walsh. Una fonte attendibile? Certo, l'uomo è un
«fucilato che vive», che si è salvato fingendosi
morto. Walsh non perde tempo. Affitta una casa in un'isola
appartata del delta del Tigre con il falso nome di Francisco
Freyre, si porta dietro solo un revolver e una macchina da
scrivere, e in qualche settimana scrive una serie di articoli
che metteranno il governo argentino con le spalle al muro.
Pubblicati nella rivista "Mayoría", gli articoli
saranno poi raccolti nel libro Operazione massacro,
in cui elabora l'indagine giornalistica con lo stile dell'hard
boiled americano.
Con Operazione massacro Walsh ha ormai consolidato
la propria vocazione di scrittore. Ma non c'è niente
di mistico in questo officio, è un officio violento,
terreno, che lo porta in più di una occasione a scrivere
sotto falso nome, ad andare in giro portandosi una pistola
in tasca. I militari si ricordano di lui negli anni `70, e
la Triple A, l'Alleanza Anticomunista Argentina, non gli perdona
la sua capacità di mettere i bastoni tra le ruote del
potere. Nel frattempo lui è entrato nel gruppo dei
montoneros, il gruppo della sinistra peronista che ha fatto
la scelta della guerriglia e della clandestinità. Non
teme la violenza, la violenza ha sempre circondato la vita
di questo uomo magro, dall'aria mite, con occhiali da miope
e la calvizie incipiente. In fondo di morte violenta era morto
suo padre, che lavorava in una fattoria della Patagonia: era
cascato da cavallo e lui dovette farsi carico di trasportare
il quadrupede fino al terreno di un parente, un viaggio di
200 km, prima di abbandonare la campagna. Di morte violenta
muore pure sua figlia Vicky. La sua casa venne circondata
da centocinquanta militari all'alba di un giorno di settembre
del 1976. Anche Vicky pensava che occorresse rispondere colpo
su colpo ai sequestri e agli assassini dei militari. Vicky
resistette all'assedio dei militari e prima di suicidarsi
urlò ai sequestratori: «Voi non ci ammazzate,
siamo noi che scegliamo di morire». La morte di Vicky
è un colpo duro per Rodolfo. Va a vivere in una bidonville,
dove ha aperto una scuola di giornalismo che produce il "Semanario
villero", il giornale degli emarginati. Adesso non dà
troppa importanza al fatto di essere uno scrittore, eppure
continua a scrivere per necessità. «Se pensate
che si possa vivere senza scrivere, non dovete scrivere».
Così riassume il suo «violento officio»,
la sua missione laica di scrittore. I militari risolvono a
modo loro questo strana equazione tra morte e scrittura. Oltre
a lui, si portano via il poeta Francisco «Paco»
Urundo, il romanziere Uroldo Conti, e la saggista Susana «Piri»
Lugones, che in passato era stata legata sentimentalmente
a Walsh. Susana, per triste ironia della sorte, era figlia
del commissario di polizia Polo Lugones, torturatore di chiara
fama e inventore negli anni `30 della picana elettrica, la
scatola con elettrodi da applicare ai genitali dei dissidenti
politici. Lei stessa proverà sulla propria carne tutto
l'acume dell'inventiva paterna.
La carta ai militari
Ormai Rodolfo sente che il percorso dei montoneros
è un vicolo chiuso. Entra in polemica con i vertici
dell'organizzazione guerrigliera, cerca di farsi sentire ma
rimane inascoltato. Allora decide di abbandonare Buenos Aires,
compra sotto falso nome una casa in provincia, a San Vicente:
adesso è un professore di inglese in pensione, inizia
a ripulire l'orto, pensa di ricominciare a scrivere. Riesce
a stare tranquillo per poco, ma il suo violento officio non
gli permette di starsene con una penna in mano a costruire
innocui castelli tra le nuvole. La notte del 31 dicembre del
1976 interrompe i festeggiamenti e si siede alla macchina
da scrivere. Quando scoppiano i fuochi d'artificio dell'anno
nuovo si alza e abbraccia la sua compagna: «Così
volevo cominciare quest'anno - dice - scrivendo contro questi
hijos de puta». La lettera che si tiene in corpo riesce
a firmarla il 24 di marzo del 1977, nell'anniversario del
primo anno di dittatura militare. Scrive una lettera sconvolgente
e la invia proprio all'indirizzo della giunta militare, siglandola
«Rodolfo Walsh, scrittore». È un atto d'accusa
stupendo, di una lucidità esemplare, che inchioda per
una volta ancora i militari alle loro responsabilità:
«Queste sono le riflessioni che nel primo anniversario
del suo infausto governo ho voluto far pervenire ai membri
della giunta, senza la speranza di essere ascoltato e con
la certezza di essere perseguitato, ma fedele all'impegno
assunto tempo addietro di prestare testimonianza nei momenti
difficili».
I cavalli di Walsh
Pensava spesso ai cavalli della sua infanzia
patagonica. Voleva scrivere le sue memorie, e un capitolo
doveva essere dedicato ai cavalli. Nello stesso giorno in
cui firma la lettera ai militari, inizia anche un racconto,
Juan se iba por el rio. Le acque del fiume si prosciugano
e il protagonista del racconto monta a cavallo e comincia
a fuggire verso le case bianche del sud, dove finalmente sarà
al sicuro. Ma l'acqua ritorna troppo velocemente e cavallo
e cavaliere affondano nella melma gialla del fiume.
Il sequestrato numero 26.001
La melma viene a sommergerlo il giorno dopo
aver inviato la lettera alla giunta militare. Il 25 di marzo,
tra le 13,30 e le 16, Rodolfo viene sequestrato da un gruppo
operativo della Esma, la Escuela de Mecánica de la
Armada. È il sequestrato numero 26.001. Lo vogliono
vivo per poterlo torturare, ma lui riesce per l'ultima volta
a rovinare i loro piani. Tiene nascosta una piccola pistola
Walther Ppk calibro 22. Con questa si sbarazza di uno dei
sequestratori, e termina il suo violento officio. «Voi
non ci ammazzate, siamo noi che scegliamo di morire».
I libri di Rodolfo Walsh
Rodolfo Jorge Walsh nasce
il 9 di gennaio 1927 a Choele-Choel (Patagonia) in una famiglia
di origine irlandese. Nel 1953 raccoglie la sua prima antologia
di racconti Variazioni in rosso (traduzione italiana
edita da Sellerio, 1999). Nel 1956 scrive una serie di articoli
sulla fucilazione di alcuni militanti peronisti in occasione
dell'insurrezione del 9 giugno, poi raccolti con il titolo
di Operazione massacro (traduzione italiana, Sellerio,
2002). Seguono alcune opere di no ficción: Caso
Satanowsky (1958) e ¿Quién mató
a Rosendo? (1969). Nel 1965 pubblica un'altra collezione
di racconti, Los oficios terrestres. Nel 1998 è stata
pubblicata una raccolta postuma di articoli, dal titolo El
violento oficio de escribir. Dal 25 marzo 1977 risulta
desaparecido. Sulle vicende di alcuni desaparecidos argentini
esiste una ricca bibliografia in italiano, tra cui Verbitsky
O., Il volo, Feltrinelli, 1995; Carlotto M., Le
irregolari, E/O, 2004; e AAVV, Le reaparecide.
Sequestrate, torturate, sopravvissute al terrorismo di
stato in Argentina, di prossima pubblicazione per Stampa
Alternativa.
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