Da "il manifesto", 9 aprile
2005
SCRITTORI PROVINCIALI
Una vita diseducativa.
E postuma
Daniele
Boccardi, maremmano ribelle, poeta senza fortuna, come spesso
accade «scoperto» solo dopo la morte. Ma solo
per la tenacia di un padre elettrauto e alcuni amici di campagna
ALBERTO PRUNETTI
Niente
di nuovo certo, nello scrivere e nel farsi fuori. Lo hanno
fatto in tanti, e non se ne vede un merito particolare. Eppure
è degna di nota la fortuna postuma di Daniele Boccardi,
che riempì quaderni d'inchiostro tra i 16 e i 32 anni.
Daniele si è guadagnato un numero ISBN troppo tardi
per firmare un frontespizio. Vivo, conosce la gioia di medicine
piene di promesse e frequenta amici con le cicatrici ai polsi.
Non è lungimirante: si sceglie come relatore della
tesi di laurea in filosofia il professor Marcello Pera, futuro
relatore di Berlusconi al senato. Per ironia della sorte,
scompare prima di essere raggiunto da una proposta di collaborazione
redazionale dalla Mondadori. Da liceale di provincia riempie
i pomeriggi uggiosi - d'una tranquillità che mette
in agitazione - con pagine piene di erotismo. Fa la caricatura
della vita quotidiana che si esaurisce nell'itinerario da
casa a scuola e progetta una nuova geografia passionale:
Resta
la società comunista / come universo
parallelo. / La terra della mia anima.
Niente lo persuade e lui
rimane solo, con in mano una carica di cinismo e di lucidità
esuberante. Lontano dalle ribalte dei salotti letterari, scrive
opere senza speranza di pubblicazione, e questa disperazione
non lo rende mansueto. Spara aforismi che farebbero impallidire
gli sceneggiatori del cinema western degli anni `70:
Non conosco bene Dio,
ma non mi piacciono / quelli che si fanno pregare.
Gli anni passano e la realtà
viene a tirare le orecchie a questo intellettuale disadattato:
sillogismi e chimere non sfamano e scocca l'ora di costruirsi
una vita senza voglie: casa lavoro e moglie. Gli amici in
carriera tentano la sorte nell'accademia. Senza alimentare
vuote speranze di concorsi e cattedre, il neolaureato in filosofia
trova un terreno di studio esemplare per la sua riflessione
teoretica sul campo: si fa assumere al cimitero di Massa Marittima
come aiuto becchino. Esemplare arena di dissezione filosofica
che lo pone di fronte a materiale di ricerca in via di decomposizione.
Appassiscono i sogni letterari e le brame accademiche, gli
rimangono come oggetti di speculazione corpi rigidi e insensibili.
Inizia a vagheggiare dei destini ultimi e in prosa e versi
annunzia la propria morte:
Vorrei che il muro mi
sbattesse in testa, / pretendo un suolo che mi schianti in
volo, / che la lametta e l'acqua calda insieme / d'accordo
mi estinguessero le vene. / M'aspetto che la sorte mi fornisca
/ sua sponte la mortifera pasticca.
La morte, la coccola e la
decanta un po', come si fa coi vini migliori. Se la somministra
una sera, con un tratto di corda a cui rimane appeso senza
che il terreno gli offra alcun fondamento.
La pubblicazione
postuma
Muore e subito inizia la
sua fortuna editoriale: da Segrate gli inviano una lettera,
quelli fanno miracoli ma lui testardo preferisce l'eterno
riposo. Dalla sua bottega di elettrauto il padre di Daniele
manda i manoscritti del figlio a editori e critici. Sarà
la traiettoria alla Michelstaedter o lo humour nero dei suoi
aforismi, comunque iniziano le pubblicazioni. Forse perché
l'unico filosofo buono è quello morto, lo scoprono
e lo commemorano alcune riviste di settore. Anche la sua tesi,
trascinata a lungo per le resistenze di Pera, viene data alle
stampe nel 1993: il relatore recalcitrante si fa illuminato
prefatore.
Intanto alcuni amici decidono
di intestargli un'associazione e dare alle stampe gli scritti
inediti. Il Fondo Boccardi trova la propria sede in un'osteria
della campagna maremmana. Le carte di Daniele diventano il
palinsesto sentimentale dei suoi improvvisati curatori redazionali:
le soglie del testo si sporcano con l'olio dell'officina del
padre e le macchie d'unto dell'oste riconvertito in editor.
Tra gli sbuffi del bollitore e i porcini saltati in padella,
viene mandato in tipografia il Boccardi letterato.
Intellettuali di
provincia
Luciano Bianciardi e Daniele
Boccardi sono i due scrittori grossetani più interessanti
del Novecento, ma le somiglianze tra loro si limitano all'allitterazione
fonetica dei cognomi. Erano diversi, tra altre cose, per estrazione
sociale. Bianciardi è un esponente della classe media
grossetana, mentre Boccardi è figlio di un elettrauto,
viene da una famiglia dell'operoso ma subalterno artigianato
di provincia. Daniele può frequentare l'università
negli anni `80, ma è già un'università
in via di decomposizione quella che apre le proprie porte
ai figli degli operai. L'accademia non è più
lo strumento formativo dei rampolli delle classi medie: è
un bacino di decantazione, almeno per i giovani proletari,
che guadagnano una dolorosa coscienza di intellettuale senza
risolvere i propri problemi materiali. Infatti le trasferte
in città costano e l'università va fatta di
corsa: discussa la tesi, l'intellettuale di provincia è
costretto dalle circostanze e dalla mancanza di mezzi a fare
ritorno nel paese di origine. Qui i suoi coetanei non scolarizzati
hanno mantenuto i legami con il territorio e conservano le
abilità manuali dei padri. L'intellettuale di provincia
non ha né arte né parte. Straniero per il resto
della comunità, incapace di soddisfare le proprie esigenze
di intellettuale, deluso del proprio corso di studi, a disagio
con le ambizioni di scalata sociale, l'intellettuale di provincia
vive con amarezza la propria condizione di proletariato intellettuale.
La provincia
La parabola cadente di Daniele
Boccardi si svolge tutta in provincia. Anche Bianciardi, ormai
assunto ai fasti letterari come santo patrono delle lettere
maremmane, proprio del localismo strapaesano fu un nemico
acerrimo. Nella satira spietata della vita provinciale i due
scrittori trovano un'affinità. Guardate bene oltre
le righe di Boccardi e Bianciardi. Troverete farmacisti in
pensione che tirano la cinghia per stampare l'opuscoletto
sulla toponomastica locale, medici condotti che si trasformano
in archeologi dilettanti nel fine settimana; studiosi gelosi
delle loro sudate carte. E ancora: il professore in pensione
che ti incontra per il corso e si lamenta dei tuoi temi, peraltro
brillanti ma inquinati di ateismo giacobino; il dirigente
del partito che ti considera un provocatore piccolo-borghese;
il prete che ti aspetta al varco del primo funerale in famiglia
per farti una ramanzina. La provincia è la contiguità
senza la comunità, è l'alienazione che ha il
volto del tuo vicino, è la noia che si tinge della
disapprovazione del prossimo. Caricature della vita uggiosa
di provincia, dalla penna di un traduttore esule a Milano,
nel caso di Bianciardi. Per Boccardi, satire e aforismi contro
la noia della vita quotidiana, vergate da un ragazzino che
ancora faceva il liceo, corrette negli anni dell'università,
strappate al morso della polvere da un elettrauto di provincia
che le ha spedite in giro, finché qualcuno si è
preso la briga di stamparle.
Gli amici
Sono stati altri provinciali,
quelli del Fondo Boccardi, a sostenere le ultime pubblicazioni
di Boccardi. L'edizione critica si fa attendere, ma abbondano
le edizioni sentimentali. Non ci sono né date né
apparati, e forse i frammenti sono un po' in disordine, ma
sono bazzecole. Quelli del Fondo sono stati anche invitati
a ritirare un premio a Firenze per la promozione della cultura
in Toscana: duecento chilometri, quattro pacche sulle spalle,
venti euro di parcheggio, venti di benzina. Ancora si chiedono
cosa farsene di un premio culturale. Ogni tanto organizzano
una serata di lettura degli scritti di Daniele. Sono serate
dove si coniugano le lacrime e gli strepiti, racconti patetici,
strimpellare di chitarre, panini colla finocchiona e poeti
contadini. È tutto un gran casino, e credo che a lui
sarebbe piaciuto proprio così.
Lui
O forse no. Forse preferiva
il silenzio. La parola autentica, quella che si rifrange nel
sorriso dell'interlocutore, o cade nel vuoto di un pomeriggio
uggioso di provincia. Forse avrebbe detto agli amici: lasciate
stare, non dipingetemi così, troppo patetiche le memorie
dei vivi, troppo lavoro di editing per arrivare in libreria.
Forse si sta ancora rigirando nella tomba, al pensiero di
quanto inautentica sia la carriera degli scrittori morti.
O forse no. Forse si goderebbe la scena. Un oste legge i suoi
aforismi e un contadino gli fa eco in ottava rima; giro di
panini con la soppressata e il formaggio, schitarrata e altre
poesie. Eccola, la provincia migliore, quella che non si fa
sottomettere dalle buone maniere. Rumorosi, commossi e avvinazzati,
attempati energumeni si alternano a leggere i versi del Boccardi,
che fu algido aforista di provincia, e in silenzio tolse il
disturbo.
(N.B. i corsivi sono di Daniele
Boccardi)
Post Scriptum, dalla
provincia profonda
STEFANO PACINI
N on è cambiato poi
molto dai tempi di Daniele nella provincia profonda. In ottobre
il Fondo Boccardi vince il premio per la diffusione della
cultura in Toscana. Nella motivazione si scrive: «...lontano
da ambiti ufficiali ed istituzionalizzati, il Fondo Boccardi
ha il merito di coniugare letteratura e tradizione locale,
avvicinando i libri alla gente, grazie all'impulso ricevuto
dall'editore Marcello Baraghini, a un gruppo di appassionati
lettori amici di Daniele Boccardi e al testardo amore di un
padre nei confronti di un figlio scrittore, il cui talento
è stato scoperto troppo tardi anche a causa del colpevole
atteggiamento spesso indifferente o autoreferenziale delle
istituzioni e della grande editoria». Pacche sulle spalle,
una foto ricordo, una targa argentata. Non una riga sui giornali
locali, occupati da un dibattito sulla caccia al cinghiale.
Il fondo Boccardi è composto da pochi amici: un oste,
un fotografo, e un neolaureato in cultura portoghese. Tra
altre cose, l'avventura del fondo Boccardi ha portato in tipografia
le storie dimenticate di alcuni ribelli maremmani (Potassa,
di Alberto Prunetti) e le poesie di un poeta contadino (La
Smania di cantare, di Lio Banchi). Nel frattempo però,
in questa Italia sempre più precaria, l'oste miscredente
ha perso l'osteria, il fotografo anarchico ha venduto lo studio
fotografico, il laureato lusitano per trovare un lavoro editoriale
è scappato in Portogallo, l'autore di Potassa fa il
pizzaiolo-traduttore e il poeta contadino è morto.
Ma si continua, testardi e provinciali, oltre le righe, come
sempre.
Nota bibliografica
Opere di Daniele Boccardi: Per una filosofia della scienza
sperimentale, edizioni est, Pisa, 1993; Confidenza
con la notte, Protagon, Siena, 1994; Racconti di
paglia, Stampa alternativa, Viterbo, 2001; Vite minime.
Scritti diseducativi, Stampa alternativa-Fondo Boccardi,
Viterbo, 2003; Questa mia tranquillità mi mette
in agitazione, Stampa alternativa-Fondo Boccardi, Viterbo,
2004.
Opere pubblicate dal
Fondo Boccardi:
Boccardi Daniele, Vite
minime scritti diseducativi, 2003; AAVV, Racconti
diversi, (premio letterario Boccardi, racconti vincitori
2003), 2003; Prunetti Alberto, Potassa. Storie di sovversivi,
migranti, erranti sottratte alla polvere degli archivi
(edizione speciale fuori commercio), 2003; Penni Eros, Il
vecchio, 2003; Banchi Lio, La smania di cantare,
2004; AAVV, Racconti diversi, (premio letterario
Boccardi racconti vincitori 2004), 2004; Pacini Stefano, Cuba
que linda es Cuba. Appunti di viaggio e foto di inizio millennio,
2004; Boccardi Daniele, Questa mia tranquillità
mi mette in agitazione (in collaborazione con Stampa
Alternativa).
(a cura di Stefano Pacini,
del Fondo Boccardi, www.fondoboccardi.it)
Fondi letterari e osti di campagna
Il Fondo Boccardi è un'associazione culturale che nasce
nel 2001 in occasione della pubblicazione di Racconti di Paglia,
di Daniele Boccardi, un millelire di Stampa Alternativa. Il
Fondo sceglie come propria sede un'osteria di campagna nell'Alta
Maremma e dà vita, insieme alla biblioteca di Massa
Marittima, al premio letterario intestato a Daniele. Crea
un archivio che raccoglie testi, articoli e recensioni dedicati
allo scrittore massetano e un sito che ne illustra le attività:
www.fondoboccardi.it. Il Fondo ha favorito la pubblicazione
di alcuni scritti di Boccardi, tra cui Vite Minime (2002),
Questa mia tranquillità mi mette in agitazione (2004)
e Non so giocare a scacchi (2005). Nel 2003 ha pubblicato
alcuni testi di scrittori che altrimenti non avrebbero voce,
poeti in ottava rima, ribelli e refrattari maremmani. Sono
stati pubblicati Potassa - Storie di sovversivi, migranti,
erranti, sottratti alla polvere degli archivi di Alberto Prunetti,
Il vecchio di Eros Penni e La smania di cantare del poeta
contadino Lio Banchi. Nel 2004 la regione Toscana ha premiato
il Fondo per l'opera di diffusione culturale verso persone
lontane dagli ambiti più colti. Il Fondo al momento
è alla ricerca di una nuova sede. (st. pac.)
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