Da "Il Tirreno", 16 aprile 2004


RAZZA DI CANTASTORIE
Ottava rima, rinasce una tradizione

di David Fiesoli

GROSSETO. Terra che nasconde una tradizione forte, e la racconta Antonello Ricci in “Fare le righe, l’ottava rima in Maremma. Vita e versi di Delo Alessandrini poeta improvvisatore” (Stampa Alternativa). A Ribolla, agli incontri di poesia estemporanea, Ricci incontrò per la prima volta Lio Banchi, che gli recitò “Al pettirosso”. E del libro di Banchi ha deciso di scrivere la prefazione.
«Anche se in forte declino – afferma Ricci – il canto improvvisato in ottava rima è oggi praticato da numerosi contadini, pastori e artigiani sparsi per l’Italia centrale». E in Toscana, la tradizione è viva soprattutto in Maremma, sull’appennino pistoiese, in Garfagnana e in Val di Cornia, a Buti e in alcune zone della Lunigiana dove nella notte tra il 30 aprile e il 1ºmaggio i maggianti o maggerini si ritrovano per intonare le loro rime. «E’ l’ultimo retaggio in versi – continua Ricci – di una tradizione che da Boccaccia in poi si è diffusa in ogni epoca e ambiente».
Nella Toscana dell’Ottocento, ad esempio, erano famosi Beatrice di Pian degli Ontani e Pietro Freudiani da Buti. L’ottava usata nelle sfide tra poeti a braccio è ancora quella cosiddetta toscana, quella usata nell’Orlando Furioso, sottolinea Ricci, dove i primi sei versi rimano alternatamene mentre il distico finale è baciato.
Ancora oggi il canto popolare sopravvive in alcune aree della Toscana. A dispetto delle pesantissime trasformazioni che hanno sconvolto il mondo contadino dagli anni Cinquanta ad oggi, quasi cancellandolo in alcune zone, l’ottava rima sta conoscendo una stagione di nuovo vigore. Specie nella Maremma grossetana, dove c’è uno stretto legame tra l’incoraggiante ripresa dell’ottava rima e la tradizione del cantar Maggio, il canto primaverile di questua in Maremma, quando la notte tra il 30 aprile e il primo maggio un gruppo di maggerini va per la campagna a portare la notizia dell’arrivo della primavera, donando auguri in rima e ricevendo in cambio vino e cibo.
La squadra dei maggerini si presenta alle porte delle case e deve improvvisar versi per convincere il padrone di casa ad aprire. Poi, una volta entrata nell’abitazione, la squadra comincia a cantare: e tra un canto e l’altro intervengono in ottava rima i poeti, uno con un ramo d’alloro (l’alberaio), l’altro con il corbello (corbellaio) ovvero il cesto che raccoglie i frutti della questua.
Lio Banchi è stato per anni poeta del Maggio. «Ha saputo – dice di lui Antonello Ricci – interpretare quel ruolo di vate paesano che la tradizione assegnava un tempo al poeta estemporaneo»